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Recensioni: il Cirò di Cataldo Calabretta

Recensioni: il Cirò di Cataldo Calabretta

Elena Della Rosa

Questo vino è un abito di sartoria. Cuciture precise, un taglio netto, dritto, verticale… sulle prime.

Al naso gli devi lasciare un po’ di tempo, ma appena prende confidenza, oltre alla marasca, alla ciliegia, arriva il propoli, il bastoncino di liquirizia che ritrovi anche nel finale di bocca, il cacao.

L’acidità spiccata, una freschezza che contiene, disegna, delinea come un uncinetto sopra al tessuto fresco-lana dell’alcol. Un alcol che c’è, ma non si sente. Lo indossi con disinvoltura, troppa forse. Te ne accorgi solo quando arrivi a casa e centri per miracolo il letto. Perché di questa meravigliosa bottiglia di Cataldo Calabretta, non ve ne basterà una per placare la voglia.

Un corpo importante, un carattere che appare sulle prime severo e solitario, ma in cui si intravede fin da subito il gran cuore. Un affetto che non mette in mostra, ma che dimostra con i fatti.

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Abbinato con la coda alla vaccinara è stata un’esperienza dalla sensualità travolgente. Propongo ai ristoratori romani di tenerne sempre una bottiglia pronta da consigliare.

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