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Stefano Colasanti: il navigatore di vigne

Stefano Colasanti: il navigatore di vigne

Elena Della Rosa
Stefano Colasanti, giovane produttore di vino della zona di Rieti. Ampelonauta e viaggiatore di vigne

Rieti, il centro d’Italia, ombelico dello Stivale, capoluogo della Sabina e “madre” di Roma. In questo territorio fondato su miti e leggende, la viticoltura non ha radici profonde ma pampini protesi verso il futuro.

Ne parliamo oggi con Stefano Colasanti, ampelonauta*, un “navigatore di vigne”, che rappresenta una nuova generazione di produttori laziali. Stefano è “cresciuto” nella cantina pionieristica Le Macchie, la prima azienda vitivinicola del territorio reatino a produrre vino in bottiglia. Vignaiolo e cantiniere, sommelier AIS, nel 2022 – dopo otto anni di collaborazione con Antonio Di Carlo (Le Macchie) – decide di prendere in mano l’azienda agricola di famiglia, dei nonni Alessandro e Tarzilla, e di ampliare i vigneti con il padre Roberto, per realizzare qualcosa di significativo non solo per il suo nucleo famigliare, ma anche per il territorio.

Un paesaggio che rappresenta i vigneti di Stefano Colasanti nella provincia di rieti

Parlaci di questo territorio, del reatino…

È la mia terra, ci sono profondamente legato. Conosco le sue peculiarità, il suo potenziale e i suoi limiti. Le caratteristiche di questa zona includono un clima mite, terreni variabili in quanto collinari e un microclima ideale per la coltivazione di viti ad alta quota, per la precisione 700mt slm. La vicinanza al monte Terminillo ci protegge dai venti freddi del Nord mentre siamo aperti alle correnti calde del Sud. L’altitudine e le pendenze dei terreni mi permette di produrre vini eleganti, dall’elevata bevibilità.

Spiegaci meglio in che modo le caratteristiche di questo areale incidono sui vini

Sicuramente l’altitudine contribuisce alla produzione di vini con elevate acidità. Abbiamo anche un’accentuata sapidità e di conseguenza una bevibilità che trova un perfetto equilibrio con la parte olfattiva data dai vitigni.

Parlaci nello specifico dei tuoi vini

Ad oggi produco circa mille bottiglie con l’obiettivo, spero, di crescere ogni anno.

Come dicevo, i miei vini sono influenzati fortemente dal territorio, dal suo microclima, dai terreni e dall’esposizione, che gli conferiscono le caratteristiche che ho già citato. Produco due etichette che riflettono le mie origini: una malvasia puntinata, un clone chiamato “tostella”, dal nome commerciale Tarzilla**, in onore di mia nonna, e un rosso da uve cesanese nero, vitigno autoctono della mia zona riprodotto da una vite di 170 anni, dal nome Anno Zero, un inno alla mia prima produzione. La vinificazione di entrambi i vini avviene con la fermentazione spontanea attraverso i lieviti indigeni, mantenendo una temperatura costante intorno ai quindici gradi, all’interno della nostra cantina interrata. Questa cantina risale agli anni ’20 ed è l’ambiente ideale per mantenere l’integrità dei prodotti.

La qualità dei vini è garantita anche dal clima favorevole della zona, dalla buona ventilazione e dalle temperature moderate che ci permettono di limitare al massimo l’uso dei trattamenti. Ovviamente questo, oltre a garantire qualità ci permette anche di lavorare nel rispetto dell’ambiente.

Due bottiglie di vino, le etichette di Stefano Colasanti.

Ambiente e sostenibilità, ormai sta diventando un mantra. Qual è il loro ruolo nella tua produzione?

La sostenibilità è fondamentale per noi. Utilizzando in vigna solo prodotti autorizzati in biologico, come il rame e lo zolfo, agiamo in modo mirato e sostenibile per proteggere le nostre viti dalle malattie e dagli insetti dannosi, evitando l’uso di sostanze chimiche nocive per l’ambiente e per la salute umana. Questi prodotti agiscono solo per contatto, riducendo al minimo l’impatto sul terreno e sugli organismi non bersaglio. Inoltre, la nostra scelta di adottare pratiche di concimazione naturale organica, come il sovescio, contribuisce alla fertilità del suolo e alla salute delle viti, riducendo la necessità di fertilizzanti sintetici. Il rullamento del sovescio permette di trattenere l’umidità nel terreno, favorisce la conservazione idriche e riduce l’evaporazione, mantenendo un ambiente più stabile per le radici.

Arriviamo a un tema che mi è caro, la comunicazione e in particolare la comunicazione del territorio laziale. Qual è la tua opinione?  

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Una delle sfide di avviare una produzione vitivinicola in questa zona è rappresentata proprio dalla promozione di un territorio poco conosciuto a livello enologico e con poca storia vinicola alle spalle, ma vedo delle opportunità di crescita nel turismo enogastronomico e nell’interesse crescente per vini di qualità provenienti da regioni meno tradizionali, come appunto il Lazio e in particolare il reatino.

In regione noto una crescente attenzione verso la qualità e l’autenticità dei vini. I giovani produttori come me stanno portando nuove idee ed energie al settore, contribuendo al suo rinnovamento e alla sua crescita. Penso e mi auguro che la nostra generazione possa giocare un ruolo chiave nel ridefinire la narrazione del vino laziale, valorizzando la sua identità unica.

La comunicazione del vino in regione potrebbe trarre beneficio da una maggior enfasi sulle storie dei produttori e sulle caratteristiche distintive del territorio. Sarebbe interessante vedere una maggiore collaborazione tra i produttori per promuovere l’immagine del vino laziale a livello nazionale e internazionale.

Citami le persone che secondo te stanno aiutando la crescita del territorio…

 Tra le persone che stanno contribuendo al cambiamento nel Lazio non posso non menzionare Antonio Di Carlo, che ha svolto un ruolo di apripista a Rieti nella produzione di vino e nell’organizzazione di eventi per promuovere il panorama enogastronomico del reatino. Inoltre, vorrei ringraziare l’AIS Lazio, in particolare il presidente Francesco Guercilena, nostro concittadino, per il loro prezioso contributo nel formare appassionati del vino e nel promuovere il lavoro dei produttori locali.

Diploma da ampelonauta

*Diplomato presso l’Accademia 4 Grapes dell’agronomo Giovanni Bigot

** L’immagine raffigurata nell’etichetta Tarzilla è disegnata a mano dall’amica e designer Alessia Baldi

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