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I vini del Lazio visti da una prospettiva commerciale: intervista al Restaurant Manager, Riccardo Bonanni

I vini del Lazio visti da una prospettiva commerciale: intervista al Restaurant Manager, Riccardo Bonanni

Elena Della Rosa
L'immagine rappresenta un reastaurant Manager, Riccardo Bonanni, mentre degusta dei vini del Lazio

Chi segue questo blog sa che, oltre agli approfondimenti sulla comunicazione e il marketing del vino, uno dei focus principali di questo spazio è sui vini del Lazio. Per non finire col parlarmi addosso, ho deciso di confrontarmi con diverse figure del settore – non solo produttori – per raccogliere prospettive differenti e comporre, passo dopo passo, il mosaico della realtà regionale. Oggi parliamo con Riccardo Bonanni, Restaurant Manager e Sommelier, per esplorare il settore dal suo punto di vista commerciale.

Riccardo è un grande sostenitore del “nostro” territorio e promuove i vini regionali nelle carte dei locali con cui collabora.

Riccardo, cosa ti ha spinto a intraprendere questa carriera e quali sono stati i motivi che ti hanno portato a diventare un portavoce dei vignaioli laziali nel circuito HORECA?

Mi sono avvicinato al mondo della ristorazione quasi per gioco, circa venticinque anni fa. Ho iniziato in un circolo di tennis con un bar e un ristorante, e lì ho capito subito quanto mi piacesse parlare con le persone, entrare in contatto con i clienti, e quanto fossi attratto dall’ambiente dei locali, che fossero bar, cocktail bar o ristoranti. È stato come un click. Il vino è arrivato in un secondo momento, ma il mio interesse è cresciuto costantemente, alimentato da sensazioni sempre più positive. Approfondendo la mia conoscenza, ho compreso che la nostra regione aveva potenzialità inespresse e che le nuove generazioni di viticoltori ne erano pienamente consapevoli. A farmi innamorare dei vini del Lazio sono state anche le persone straordinarie che ho incontrato in questo territorio, particolarmente vocato alla produzione vinicola, ma che aveva bisogno di qualcuno che gli desse “fiducia”, se così si può dire. Il risultato è ciò che oggi abbiamo il piacere di degustare.

Un Restaurant Manager del Lazio che nella foto sta facendo un cocktail

 

Come valuti il rapporto attuale tra i produttori del Lazio e il mondo della ristorazione? Ci sono elementi che facilitano questa collaborazione o, al contrario, aspetti che la rendono più complessa?

La ristorazione è cambiata molto. Un tempo i ristoranti erano gestiti da veri ristoratori; oggi, invece, a dominare sono gli investitori, che spesso non hanno ben chiaro il concetto di ristorazione inteso come il “far mangiare e bere bene, facendo sentire il cliente a casa.” Quella poesia si è persa. Oggi, anche a causa del contesto storico in cui viviamo, l’attenzione è concentrata quasi esclusivamente su entrate e uscite. Tutto il resto passa in secondo piano.

Non dico che sia sbagliato: un’azienda deve generare profitto per sopravvivere, lo so bene, è il mio lavoro. Tuttavia, l’esasperazione in questa direzione non porta nulla di buono. Il profitto non può essere l’unica ragione d’essere. Sono un romantico, innamorato del mio mestiere, e quindi continuo a guardare questo mondo con una passione un po’ nostalgica.

Per quanto riguarda i nuovi viticoltori, non è facile far comprendere ai ristoranti che il Lazio oggi produce grandi vini, e che i prezzi d’acquisto non possono più essere quelli dei vecchi vini regionali, economici e destinati solo alla mescita. Ma anche su questo fronte le cose stanno cambiando: chi davvero capisce di vino non può ignorare il grande passo in avanti compiuto dai vini del Lazio.

 

Qual è, secondo te, lo stato attuale dei vini laziali nel circuito HORECA? Ci sono alcune etichette, tipologie o denominazioni che riscuotono particolare successo tra i clienti della capitale?

Il Cesanese sta ottenendo un grande successo sulle tavole dei locali romani. Questo perché le osterie stanno riscoprendo sempre di più la tradizione culinaria romana, e con essa la necessità di scegliere vini che condividono quella stessa tradizione. Inoltre, stiamo assistendo alla riscoperta di quei vitigni autoctoni che, dopo essere stati a lungo trascurati, stanno ritrovando il loro posto grazie al lavoro di alcuni viticoltori. Questi stanno riuscendo a valorizzarli, proponendo vini davvero interessanti, che non possono fare a meno di attirare attenzione e apprezzamenti.

 

I clienti dei ristoranti conoscono e richiedono i vini della nostra regione?

Il cliente medio, naturalmente, tende a fidarsi dell’oste o di chi è incaricato di consigliare. Spetta quindi a noi, operatori del settore, il compito di far comprendere e apprezzare le potenzialità dei vini che il Lazio sta offrendo in questi ultimi anni. In genere, i clienti chiedono i soliti vini, quelli con le denominazioni più famose, più “pop”, se vogliamo. Tuttavia, di recente, le cose stanno cambiando: molti stanno iniziando ad avvicinarsi e ad apprezzare i vini locali. Sta a noi invertire il trend.

 

Dal punto di vista commerciale, quali consigli daresti ai produttori laziali per migliorare la loro presenza e il loro successo sul mercato?

La prima cosa è continuare a puntare sulla qualità. La seconda è investire nel miglioramento delle cantine e, più in generale, delle infrastrutture legate al mondo del vino. Wine resort, botteghe all’interno delle aziende e, perché no, osterie con prodotti tipici possono avvicinare le persone al mondo del vino, rendendolo accessibile a un pubblico più ampio. Inoltre, permettono di comprendere il grande lavoro che si nasconde dietro quella che, a prima vista, può sembrare solo “una bottiglia di vino”.

 

Nei locali che gestisci o hai gestito, quale ruolo hanno i vini laziali nella carta? Hai adottato una strategia specifica per presentarli e raccontarli ai clienti?

Nei locali con cui ho collaborato, i vini laziali hanno sempre avuto un ruolo significativo, soprattutto negli ultimi anni. Vivendo vicino alle cantine e alle aziende vinicole della regione, ho avuto l’opportunità di conoscerle più a fondo, sia i loro prodotti che i produttori stessi. Amo condividere queste esperienze con i clienti, raccontando loro la bellezza e l’unicità della nostra regione.

La formazione del personale di sala è essenziale per fare in modo che i clienti non solo acquistino il vino, ma comprendano ciò che stanno bevendo. Quando collaboro all’apertura di un nuovo locale, sottolineo sempre ai proprietari che formare il personale è la chiave per vendere bottiglie che altrimenti rischierebbero di restare sugli scaffali per mesi, diventando capitale bloccato e privo di profitto. Inoltre, organizzare degustazioni nei giorni di chiusura, coinvolgendo tutto il personale, è un ottimo modo per fare team building.

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Il turismo della Capitale influenza il mercato? Se sì, in che modo? 

È importante fare una distinzione tra il centro storico e il resto di Roma. Il centro ha un respiro internazionale che inevitabilmente influenza la richiesta di vino. Questo rende la sfida ancora più interessante: far conoscere e apprezzare i vini del Lazio a chi, magari, arriva da Los Angeles ed è abituato ai vini della Napa Valley o ai Riesling dell’Alsazia. Nella Roma vissuta dai romani o dai residenti, invece, l’esercizio è diverso: bisogna far innamorare del ‘nostro’ vino, spesso dato per scontato solo perché locale, ma che in realtà non viene compreso fino in fondo, magari per semplice pigrizia.

 

Quali sinergie si potrebbero sviluppare tra ristoratori e produttori per valorizzare al meglio il territorio?

Collaborare maggiormente, mantenere contatti più frequenti con i produttori potrebbe essere una buona strategia: organizzare degustazioni periodiche con la presenza del produttore, presentare le nuove annate direttamente nei ristoranti, magari passando per i tavoli per farlo assaggiare e spiegarlo ai presenti, una cosa che si potrebbe considerare di fare anche gratuitamente mettendola nel budget destinato alla promozione. Queste iniziative aiuterebbero a far conoscere e apprezzare le enormi potenzialità del nostro territorio.

 

Quali sono le sfide e le opportunità che, a tuo avviso, attendono il vino laziale nel prossimo futuro?

Le sfide più grandi per chi produce vino nel Lazio sono gli stereotipi e le ‘credenze popolari’ che vedono il vino laziale come scadente e a basso costo. Le nostre aziende devono continuare a puntare sulla qualità. Il percorso è lungo e difficile, ma alla fine si riuscirà a superare le barriere del pregiudizio. Spetta a loro, insieme alla collaborazione di chi il vino lo vende, cambiare queste convinzioni.

 

Facciamo qualche nome: chi, secondo te, ha dato e sta dando un contributo significativo al cambiamento di percezione e alla diffusione dei vini del Lazio?

I nomi sarebbero troppi da fare e rischierei di lasciare fuori qualcuno, ma Piglio, Olevano, Frascati e Arce mi hanno impressionato per cambio di rotta.

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