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Nicoletta Loreti: un soffio di Francia tra i vini artigianali del Lazio

Nicoletta Loreti: un soffio di Francia tra i vini artigianali del Lazio

Elena Della Rosa
Nicoletta Loreti, produttrice di Zagarolo che lavora in cantina. Cantina del Tufaio

Sono a casa in compagnia e decido di aprire e condividere una bottiglia acquistata qualche mese prima in una cantina dalle parti di Zagarolo, una visita quasi casuale, un po’ improvvisata per riempire una domenica mattina. Nessuna aspettativa in particolare.  Il nome del vino mi incuriosisce: Aggì, che scoprirò poi voler dire: “Gigi, come è buono il tuo vino quest’anno”.

Questo articolo e l’intervista fatta a Nicoletta Loreti (nipote di Gigi, produttrice di questo vino) nasce dalla sorpresa che ho avuto bevendolo. Se non ne avessi saputo la provenienza, alla cieca, avrei potuto pensare di avere nel calice un bianco francese. Sì, hai letto bene, nel Lazio, dalle parti di Zagarolo vive una giovane donna che nella cantina di famiglia, Cantina del Tufaio, produce dei vini che gareggiano con i cugini francesi. Ho provato a rielaborare l’intervista come faccio solitamente, ma alla fine ho deciso che Nicoletta andava ascoltata con le parole che lei stessa ha scelto.

Quando hai capito che avresti seguito le orme di tuo padre e cosa significa per te portare avanti questa tradizione familiare?

Ho deciso nell’autunno del 2015. Lavoravo a Latina in una multinazionale americana, facevo fruttare gli studi di Economia che avevo fatto. Però non ero soddisfatta del mio lavoro: recarmi tutti i giorni in un ufficio, lavorare per qualcun altro. Insomma, mi sono immaginata in questa modalità per il resto della vita e ho capito che avrei saltellato da un’azienda all’altra andando sempre a cercare una soddisfazione fittizia e irraggiungibile. Dunque, ho ripreso in considerazione l’idea di tornare in azienda. Avevo molta paura perché da bambina non ho voluto gran bene alla vigna, mi sottraeva i miei genitori quindi il rapporto con lei non sempre è stato sereno. Ora chiaro che ero adulta, avevo 30 anni ma avevo ancora un po’ paura di mischiare le dinamiche familiari con il lavoro e sapevo che sarebbe stato difficile, ma ero straconvinta di farlo. Lo è stato difficile, spesso lo è tutt’ora ma oggi adoro quello che faccio. Mi sento parte di una storia lunga sei generazioni e per me questo ha un valore immenso.

La Famiglia Loreti. Cantina del Tufaio a Zagarolo

Cosa vuoi raccontare con i tuoi vini?

Quello che voglio trasmettere tramite i miei vini è il racconto di questo territorio, dei suoi suoli così preziosi (vulcanico sabbio-argilloso). Ci troviamo alle pendici del grande vulcano laziale e 20.000 anni fa, si è verificata l’ultima eruzione, ricoprendo questa zona di 60 metri di lava; dunque, sotto i nostri piedi troviamo per tre, quattro metri il terreno lavico e poi inizia il tufo. Ma vorrei trasmettere anche il racconto dei miei avi, della nostra tradizione vitivinicola e della mia storia. Nonno produceva vini senza additivi, molto naturali e con poca tecnologia, papà ha sfruttato l’ondata dell’enologia moderna negli anni 80/90 e io ho chiesto di tornare ad un’artigianalità sui vini che mi fa sentire parte del processo, è un approccio umano quello dei vini naturali, di base racconti chi sei. Con le proprie scelte il produttore può interpretare un vitigno e raccontare la propria idea, unica e personale di vino. Questo ho cercato di fare!

Raccontaci un po’ dell’azienda di famiglia.

La tenuta risale a fine ‘800, il casale è costituito da una cantina con stoccaggio botti in acciaio, una cantina con stoccaggio vini e una sala degustazione. Poi abbiamo una grotta di tufo profonda 17 metri scavata dai nostri avi nel 1881, che consentiva di conservare il vino anche in passato durante il periodo estivo, quando non esistevano stanze refrigerate con aria condizionata. I miei avi, in realtà fino ai tempi di mio nonno, portavano in grotta le botti di castagno da 1000 litri, facendole rotolare vuote e solo dopo riempite e sistemate dentro le nicchie che caratterizzano la nostra grotta. Oggi la utilizziamo per fare affinare il nostro spumante metodo classico.

Abbiamo in totale quattro ettari, tra vigneto, uliveto e orto. Siamo in regime biologico e abbiamo introdotto il preparato biodinamico 500 che ristabilisce un benessere lungimirante del suolo popolando di ottimi microrganismi e quindi sostanza organica.  I vitigni al momento esistenti sono: Trebbiano giallo, Pinot bianco, Malvasia del Lazio e di Candia, Grechetto, Merlot, Cabernet Sauvignon.

L'immagine rappresenta l'interno della grotta scavata in Tufo dove viene conservato lo spumante metodo classico di Cantina del Tufaio

Qual è stata la sfida più grande che hai dovuto affrontare e quale il   momento di maggior soddisfazione?

La sfida più grande per me è stata proprio quando ho deciso di tornare e quindi nel 2016. Ho dovuto costruirmi il mio ruolo, il mio lavoro, perché non c’era un posto vacante pronto ad attendermi. La nostra è una realtà minuscola e oltre a gestire fatture, vendite del vino e contabilità non sapevo dove altro cimentarmi. I conflitti iniziali con mio padre mi hanno tenuta lontana per un i primi due anni dal coinvolgimento in cantina, nelle scelte di vinificazione e affinamento. Mi sono dedicata quindi all’incoming turistico costruendo un solido flusso di visitatori che negli anni ci hanno portato a ottimi risultati.

Solo nel 2018 ho iniziato a dire la mia in punta di piedi e da ignorante, stravolgendo le convinzioni enologiche sulle quali mio papà si era formato per anni. Lui ha perseguito l’agricoltura e l’enologia moderna, io gli stavo chiedendo di tornare a quello che faceva nonno, con vini più semplici possibili sul fronte additivi e interventi. La soddisfazione più grande è stata nel 2018 vendemmiare il mio Sei gemme, un vino da Malvasia puntinata e trebbiano giallo (dalle vigne di 70 anni di nonno) macerato due settimane con fermentazione spontanea! Mandai questo vino appena imbottigliato a Virginie Joly (figlia di Nicolas, parliamo di Coulée de Serrant in Loira) e lei mi rispose con una recensione bellissima che feci leggere a mio padre e da lì forse iniziò a darmi credito.

Hai una gamma di vini che si distingue da quella tradizionale della cantina. Come è nato questo progetto, cosa significa per te. C’è un vino a cui sei particolarmente affezionata e perché?

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Foto del vignaiolo Marco Marrocco della cantina Palazzo Tronconi su sfondo bianco.

Sempre per dare seguito a quanto raccontato prima rispetto al Sei gemme, racconto di vari episodi “studio” che mi sono capitati tra il 2016 e il 2018. Ho conosciuto persone che bevevano solo naturale e dopo il primo scetticismo ho iniziato a comprendere dove stava l’unicità di quei vini. Ho partecipato ad un incontro con Sasha Radikon presso la mia enoteca preferita a Centocelle, parlare con lui per me è stato un momento di approfondimento e studio, che mi ha aperto gli occhi su tante cose. Ho fatto un viaggio in Loira (patria dei vini naturali e anche dell’agricoltura biodinamica), dove ho conosciuto via mail Virginie Joly con la quale ho mantenuto un rapporto epistolare per tutto il 2018, fino a che le ho spedito il Sei gemme prima annata, la 2018 appunto.

Questo progetto di iniziare a fare vini da fermentazioni spontanee, oggi si sta applicando a tutta la linea. Nel 2023 ho costretto mio padre a non aggiungere lieviti e ho scritto il mio primo quaderno di vendemmia seguendo meticolosamente le istruzioni del mio nuovo enologo, Gabriele Graia, che mi ha supportato in questa nuova strada intrapresa, non poco conflittuale con mio padre, ma che ad oggi sembra fidarsi di più e condividere la mia causa.

Nicoletta Loreti, produttrice a Zagarolo, fotografata nella sua grotta di tufo con in mano una bottiglia di vino

Raccontami come è realizzato il vino “Aggì”.

Aggì è stato il mio primo approccio al cambiamento. Suggerivo a mio padre di fare un vino che celebrasse nonno Giggi, che raccontasse i suoi vini; infatti, inizialmente volevamo utilizzare la botte di castagno per l’affinamento. Poi abbiamo scelto il rovere, botte grande. E così nasce da Malvasia e trebbiano giallo un vino che fa 9 mesi di affinamento in legno di rovere nuovo e che esce dopo almeno 4 anni, quindi una vera e propria riserva. Una dedica a nonno da parte di tutti noi della famiglia!

Se potessi lasciare un messaggio in una bottiglia per le future generazioni della tua famiglia, cosa direbbe quel messaggio?

Se vorrete continuate a fare questo mestiere, non sarà semplice, però possiamo scrivere ancora questa storia con nuovi capitoli e nuove scelte, nuovi vini e nuovi progetti. È un lavoro duro ma che ti permette di cambiare quando vuoi, di invertire rotta e ricominciare sempre, ed è bello che si cambia insieme ai vini che si sceglie di fare!

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